KILOMETROVERDE
Treviglio e Caravaggio, BG
TEAM DI PROGETTAZIONE
Dott. Architetto Paesaggista Luigino Pirola
Collaboratori
Dott. Architetto paesaggista Valter Nava
Dott. Architetto Clemens C.Lecchi Dott. Agronomo Raffael Cobellis Dott. in Architettura del paesaggio Davide Grasso
Dott. in Architettura del paesaggio Ivan Rota
PROGETTO PAESAGGISTICO per il PARCO LOGISTICO in previsione sui territori dei comuni di Treviglio e Caravaggio. Il percorso passa attraverso la considerazione dei molteplici temi toccati da un intervento sul paesaggio: la sostenibilità, la resilienza, l’ecologia, tenendo tuttavia sempre ben presenti la lettura della storia, dell’assetto, delle trame consolidate ancora leggibili e che ci hanno consegnato, pur con le trasformazioni del XX secolo, i luoghi come oggi li osserviamo.
Il riferimento per la progettazione degli spazi aperti all’interno e all’esterno del nostro comparto è la matrice agricola del paesaggio rurale della bassa pianura bergamasca, solcato da vene d’acqua, rogge, fontanili, caratterizzato da tessere agricole con interposti filari e siepi (anche se oggi questi elementi verdi non sono molto diffusi), esemplari isolati. Un paesaggio che presenta anche nuclei di antica formazione di grande importanza come Treviglio, Caravaggio con il suo Santuario, oltre alle nuove conurbazioni che nei decenni dopo il boom economico hanno in qualche modo circondato questi antichi centri. Contemporaneamente all’ampliamento degli abitati, in questa pianura si sono installate anche delle vere e proprie cittadelle produttive: poli industriali e artigianali, come quello della Saint-Gobain che vediamo a Vidalengo, accanto al nostro sito d’intervento.
L’idea progettuale intende quindi ripartire proprio dagli elementi storici e consolidati di questo paesaggio: le tessere agricole, i campi, i filari, le siepi, i fontanili, i bacini d’acqua, le rogge, le strade bianche, le boschine. Come si può vedere, questi elementi “entrano” nel progetto, dando vita e forma alle superfici a prato fioriti e a coltivi, alle formazioni alberate, ai corsi d’acqua, alle macchie boscate. Al bosco viene conferita una specifica importanza: esso si ispira a quel poco che rimane, nel territorio, del primigenio bosco planiziale a querco-carpineto, sopravvissuto alla grande centuriazione che di fatto ha disboscato l’intera pianura all’epoca romana e le cui tracce “genetiche”, tuttavia, sono leggibili ancora oggi, pure se in un panorama complessivamente molto depauperato anche da dinamiche recenti. Infatti, accanto alle tessere, ai corridoi, agli elementi areali e lineari che sono entrati a far parte del progetto, il bosco è decisamente protagonista poiché tutto il fronte sud, che guarda verso l’autostrada e verso la TAV, di fatto è una sorta di bosco lineare: quello che possiamo definire come il “Kilometro verde”.
Si tratta quindi di un grande elemento connettivo di mitigazione con giacitura est ovest, situato tra le nuove grandi infrastrutture della mobilità e il nostro intervento, in grado di soddisfare la prescrizione di connessioni ecologiche previste dalla pianificazione.
Il “Kilometro verde” si articola in lembi, tra i quali si interpongono ulteriori elementi: si tratta di coppie di pioppi cipressini, da leggersi come “soglie”, “porte”, dai quali prendono avvio lunghi filari della stessa specie. Essi costituiscono elementi di penetrazione visiva ma anche strutturale e funzionale del nostro sistema. Il “Kilometro verde” è dunque un bosco lineare composito, che cita e ripropone la foresta primigenia della nostra pianura e che vuol essere un elemento connettivo e identitario dell’intervento, con la sola interruzione data dall’incipit dei doppi filari di pioppi cipressini, che creano qualcosa di simile a gallerie, porte, “strade di accesso”.
La complessità del bosco lineare è arricchita da un altro elemento. Si tratta di una fascia arbustata situata a sua volta a sud del bosco, una fascia ecotonale realizzata con arbusti tipici a fioritura chiara, bianca e crema: quasi un “basamento fiorito” del bosco. Le specie ipotizzate sono il biancospino, il prugnolo, il sambuco, l’evonimo, la rosa canina, il viburno. In questo sorta di cornice, posta percettivamente alla base della formazione boscata, si trovano alcuni esemplari arborei (querce) collocati in corrispondenza della trama dell’agricolo che, con i suoi segni (come le carrarecce e la partitura degli appezzamenti), arriva fino all’inizio del nostro sistema verde. Le querce sono elementi di riferimento verticali, colonnari, a sottolineare il ritmo, il passo delle parcelle e diventano, anch’esse, elementi della composizione. Richiamano anche la posizione e la funzione dell’antico cippo in pietra utilizzato come segno di divisione delle proprietà, che in bergamasca era indicato con la parola “termen”.
Ecco, quindi, perché parliamo di un bosco lineare composito. Venendo da sud, infatti, in primo piano troviamo l’arbusteto punteggiato dalle querce; in secondo piano, troviamo il bosco, nel quale si aprono i “passaggi” contrassegnati dalle coppie di pioppi cipressini che costituiscono le “porte” dei viali. A proposito ancora dell’architettura del verde, non mancano citazioni di elementi formali più “costruiti”, ma interessanti rispetto al contesto. Ad esempio, in corrispondenza delle rotatorie interne si ripropone l’uccellanda, cioè il roccolo, utilizzato storicamente in campagna per la cattura degli uccelli. Dietro l’elemento compositivo, c’è poi una funzionalità ben precisa. Essa deriva dal fatto che si tratta di un verde la cui origine è radicata nel luogo, un verde quindi che è figlio di questo paesaggio evolutosi nel tempo ma che rimane un paesaggio principalmente agricolo. E che, oggi come oggi, deve avere spiccati caratteri di resilienza, ormai necessaria all’interno di un progetto di spazi aperti, a maggior ragione nel caso di una trasformazione, come questa, di notevole entità.
Si tratta quindi di un verde che:
• applica principi di sistemi urbani di drenaggio superficiale: promuovendo la realizzazione di pavimentazioni drenanti e permeabili, oltre che di bacini di raccolta e ritenzione dell’acqua piovana in eccesso (fondamentali nel caso di eventi meteorici straordinari, poiché raccolgono l’acqua e la rilasciano lentamente al reticolo idrico minore superficiale, costituito da rogge, canali, fossi)
• richiede bassa manutenzione: promuovendo ad esempio la realizzazione di campi con prati fioriti o prati stabili, da gestire con pochi sfalci l’anno
• vede la formazione di filari e boschine con messa a dimora di piante autoctone; la scelta delle specie deriva infatti da quelle che costituiscono il “bosco planiziale” cui si è accennato e che, secondariamente, meglio catturano Co2 e particolato da emissioni inquinanti
• ha bisogno di poca acqua, non richiede impianti di irrigazione; un verde, quindi, “autosufficiente” o comunque a basso bilancio idrico.
Questi aspetti vanno tutti nella direzione richiesta dalla certificazione LEED, al fine di dare luogo ad un intervento sostenibile, in dialogo con il contesto. L’intenzione è quella di andare oltre l’equazione “polo logistico = cemento”: le opere previste infatti recano al progetto complessivo importanti elementi come eterogeneità, permeabilità del suolo, riequipaggiamento paesaggistico, connettività, che possono essere utili a bilanciare la sottrazione di terreno fertile - inevitabilmente comportata dalla realizzazione del polo - con un riequipaggiamento del verde, in un paesaggio agricolo che ne è decisamente spoglio. La realizzazione dell’intervento senza il verde crea una sorta di macrotessera fuori scala, le opere a verde illustrate contribuiscono invece a “rompere” questa grande tessera in tessere più piccole, a creare una situazione che in qualche modo richiama maggiormente un assetto a piccole unità, suddivise da elementi verdi. Le tessere, più piccole, raggiungono quindi una dimensione più vicina alla grana media delle tessere del paesaggio di origine. Ciò ci indica quindi che gli interventi a verde mitigano certamente in modo significativo l’effetto della sola edificazione. In questo discorso vale anche la pena di sottolineare l’importanza del trattamento dei margini del perimetro di intervento così come osservabili nel progetto: ad essi si è prestata particolare attenzione, sia in termini visivi che in termini ecologici, connettivi, di permeabilità, eterogeneità, biodiversità.
Infine, specifiche considerazioni hanno riguardato la fauna. Ad esempio, nel pensare alle praterie e ai prati fioriti, molta attenzione è stata data all’avifauna e agli insetti, soprattutto agli impollinatori. Ma ciò vale anche nelle altre aree dell’intervento: le specie arboree, come accennato, sono tipiche di queste zone e anche per questo sono molto utili come rifugio e nicchia ecologica per alcune specie, soprattutto piccoli mammiferi e, ancora, avifauna.